Nel territorio piombinese vi è da sempre una tradizione siderurgica, fin dal periodo etrusco con la lavorazione del materiale ferroso proveniente dalle ricche miniere dell’Isola d’Elba [1], [2]. Leggi tutto...L’anno di fondazione della moderna siderurgia piombinese è il 1860: nel 1864 è nata a Piombino “La Magona d'Italia” [3], il primo convertitore Bessemer d’Italia che ha consentito di produrre acciaio partendo dalla ghisa liquida [2], che due anni dopo ha preso il nome “Le Officine Perseveranza” [4]. In pochi anni la città si è trasformata da piccolo borgo marinaro di 3 mila abitanti, a centro industriale di rilievo nazionale [5]. Nel 1897 dalla famiglia Benini è stata fondata la “Altiforni e fonderie di Piombino” con la quale si è dato il via al primo stabilimento a ciclo integrale d’Italia e alla produzione delle rotaie [6], [7]. Lo stabilimento ha subito cambiamenti negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi dei Novecento per quanto riguarda il suo controllo: passò per esempio sotto il controllo delle autorità militari tedesche durante la seconda guerra mondiale; nel 1944 è stato fatto saltare in aria ed è stato inaugurato di nuovo nel 1951 [4], [7]. A metà degli anni Ottanta una nuova crisi dell’acciaio ha fatto sì che molti altiforni in Europa sono stati chiusi, ma quello di Piombino ha resistito: è comparsa però per la prima volta la cassa integrazione, e l’occupazione si è ridotta a 4mila dipendenti [7]. Nel 1992, in seguito di uno sciopero a oltranza, proclamato dal sindacato per opporsi a 700 lettere di cassa integrazione, la società "Acciaierie e Ferriere di Piombino" è stata ceduta al Gruppo Lucchini [4], grande impresa siderurgica bresciana fondata nel primo dopoguerra, sotto la cui proprietà è stato completamente rinnovato [8]. La produzione di acciaio è un’attività a elevato impatto ambientale sia per l’ingente volume di rifiuti industriali che produce, il cui recupero è prioritario per evitarne il conferimento in discarica, sia perché richiede un elevato consumo di energia elettrica; in particolare, il settore industriale del ferro e dell’acciaio è responsabile del 30% del totale delle emissioni industriali di anidride carbonica, e del 74% di tutta l’energia consumata nell’industria della produzione metallurgica [9], [10], [11]. Il sito di Piombino è rientrato nella classificazione dei Siti di interesse nazionale, o SIN, nel 1998 [12]. A fronte di un inquinamento ambientale ormai centenario, la cittadinanza esausta ha iniziato a far sentire la sua voce a partire dal settembre del 1997 quando i cittadini dei quartieri Cotone-Poggetto-Gagno, sono scesi in piazza spontaneamente per chiedere il rispetto del diritto a una migliore qualità della vita e hanno costituito il Comitato Antinquinamento per apportare il loro contributo di idee al fine di eliminare o almeno ridurre ad un minimo sopportabile l’inquinamento territoriale [13]. Le proposte del Comitato, grazie anche all’aiuto dei giornalisti locali del Tirreno, hanno ottenuto il consenso di larghe fasce della struttura sociale Piombinese costringendo l’amministrazione comunale e provinciale a una presa di posizione che, unitamente all’intervento della magistratura per quanto riguarda i rifiuti industriali, hanno costretto la Lucchini a rivedere i piani del suo sviluppo industriale in modo particolare per quel che riguarda l’impianto più inquinante: la Cokeria. L’azienda, infatti, ha presentato a giugno '98 un “Piano industriale e di risanamento area Cokeria” nel quale erano evidenti grosse lacune impiantistiche e soprattutto tempi lunghi che prevedono di arrivare a regime a giugno del 2003 [14]. A metà novembre 1999 sono usciti i dati ufficiali Arpat relativi al periodo ott.98 – ott.99 che hanno rilevato una presenza media di Benzo(a)Pirene cancerogeno di oltre 17 volte superiore agli obiettivi di qualità dell’aria previsti dalla legge, con medie mensili di 41 e punte giornaliere di 154. Questi dati avrebbero permesso un intervento immediato da parte degli amministratori che, nonostante le sollecitazioni del comitato, hanno continuato a sostenere l’accordo di Roma ritenendo infondate le preoccupazioni dei cittadini [15]. A causa del perdurare della crisi, nel 2011 il gruppo Lucchini ha venduto una delle sue filiali (la BU Ascometal, produttrice di acciai speciali per le automobili) al fondo di investimenti “Apollo” per finanziare un nuovo piano di ristrutturazione del debito, approvato dal Tribunale fallimentare di Milano nel 2012 [16]. Il 21 dicembre del 2012, non avendo trovato alcun nuovo finanziatore, la società ha fatto richiesta al Ministero dello Sviluppo Economico di essere ammessa all’amministrazione straordinaria [7]. Piero Nardi è stato nominato Commissario di una società gestita sostanzialmente da banche e creditori e, dal momento che, il 7 gennaio del 2013, il Tribunale di Livorno ha dichiarato lo stato di insolvenza di Lucchini, il commissario ha deciso lo spegnimento dell’altoforno, per esaurimento delle risorse finanziarie di una struttura in crisi, con ultima colata il 24 Aprile 2014 [17]. Nel 2015 è stato siglato al Ministero dello Sviluppo economico un accordo di programma per la cessione ad Aferpi (Cevital) [18], impresa algerina, che si è presa in carico tutte le azioni che porteranno alla messa in sicurezza dell’area dal punto di vista ambientale e a impedire una ulteriore diffusione degli inquinanti presenti, ma con tempi e modalità che saranno determinati attraverso un successivo Accordo di programma [19]. Nel frattempo, le condizioni del mercato siderurgico non sono migliorate e Aferpi, con i mancati incentivi promessi, ha rischiato di dover portare in cassa integrazione decine di operai [20]. A tre anni dalla firma dell’accordo, le bonifiche non sono ancora cominciate: questo nonostante il Sin sia stato istituito nel 1998, perimetrato nel 2000 e bonificato al 45% [21]. Si prevede che i processi di bonifica cominceranno nel 2019, nonostante le proteste della cittadinanza per i ritardi, come riportato da Il Tirreno [22]. L’area interessata si sviluppa su oltre 900 ettari di terra, e l’unica parte in cui la riqualificazione ambientale sta avanzando è quella alla quale lavora l’azienda Rimateria [23]. Nel 2017, ancora il piano di rilancio del magnate algerino Issad Regrab (imprenditore dell’Aferpi) continuava a slittare: nonostante infatti lo stabilimento fosse stato rilevato nel 2014, promettendo 350 milioni di investimenti per il rilancio, il mercato dell’acciaio non è ripartito. Si trattava di una situazione di stallo critica, e i sindacati temevano per i posti di lavoro [24]. Dunque, gli operai della ex Lucchini ad Aprile 2017 hanno occupato il palazzo del Comune insieme al sindaco Massimo Giuliani. L’occupazione è durata un paio di settimane, fino al 19 aprile, giorno in cui era fissato un nuovo incontro al ministero dello Sviluppo, come riportato da Il Fatto Quotidiano [25]. A febbraio 2018 è avvenuta la scoperta di sei carri siluro sotterrati nel parco rottami delle acciaierie di Piombino, probabilmente interrati fra il 2013 e il 2014. Legambiente ha dunque chiesto alla magistratura di accertare le responsabilità e che le zone più inquinate fossero bonificate [26] [27]. A marzo 2018 l’intero capitale di Aferpi e di Piombino Logistic e la maggioranza delle azioni di GSI Lucchini sono state cedute con un preaccordo alla Laptev Finance PVT Ldt, società indipendente ma collegata al gruppo JSW, la Jindal South West dell’indiano Sajjan Jindal [28]. La firma dell’accordo finale è avvenuta il 17 maggio 2018 [29]. L’accordo prevede l’impiego iniziale di 450 posti di lavoro, che si prevede di portare a 750 a inizio 2019, con il pieno riavvio anche de laminatoi per barre e vergella. I 2mila addetti non sono stati dunque subito reintegrati, ma verranno riassorbiti mano a mano che il piano di rilancio verrà attuato. Per questa ragione, sono necessari strumenti di protezione sociale (come la cassa integrazione, probabilmente a rotazione): i sindacati intendono aprire tavoli di confronto per garantire il reddito di tutti i 2mila addetti che sono passati da Cevital Aferpi a JSW Steel. I nuovi forni infatti non sono stati subito riaperti, ma sono previsti 18 mesi per allestire un’acciaieria elettrica a cui seguiranno altri progetti complessi e ambiziosi, che nel 2024 potrebbero portare gli stabilimenti ex Lucchini a produrre circa tre milioni di tonnellate di acciaio [30] [31]. (Vedi meno) |